Abuso di alcool e adolescenza

Abuso di alcool e adolescenza

Sono ben noti gli effetti che l’abuso di alcool determina sulla nostra salute ma probabilmente sono sottovalutate le implicazioni che il consumo di alcolici può avere sugli adolescenti.

Un’indagine condotta nel 2017 dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza in Italia su un campione di 8000 adolescenti mostra che il 36% dei ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 13 anni beve alcolici e 1 su 10 ha già sperimentato un’ubriacatura. Fra i 14 e i 19 anni la percentuale sale al 55%. Si tratta di dati allarmanti se pensiamo che l’adolescenza è una delle fasi più critiche della nostra vita ed è il periodo in cui si strutturano molte delle nostre future abitudini. Il dato diventa ancora più allarmante se si considera che si tratta di una fase cruciale per lo sviluppo del sistema nervoso.

Durante l’adolescenza, infatti, il cervello è in fase di sviluppo e i danni che si verificano in questo periodo della vita possono condizionare le funzioni cerebrali a lungo termine, spesso in modo irreversibile. Numerosi studi hanno dimostrato che l’abuso di alcool in giovane età determina danni su molte funzioni cerebrali fra cui deficit dell’attenzione, disturbi della vista e della memoria [1]. Altri studi dimostrano che l’alcool è perfino in grado di apportare modifiche strutturali nella normale fisiologia del cervello causando cambiamenti patologici nel volume delle varie aree cerebrali con conseguenze importanti su molte funzioni cerebrali [2]. Uno studio appena pubblicato ha considerato un gruppo di adolescenti che facevano uso di alcool esaminando gli effetti che questa sostanza aveva sulle loro funzioni neurocognitive ed è stato dimostrando come l’uso settimanale di bevande alcoliche determini conseguenze importanti sulla memoria, la vista e la velocità psico-motoria [3].

L’eccesso di alcool ha anche importanti effetti sul normale funzionamento di molti altri organi e tessuti. Fin dalla giovane età, infatti, è possibile che l’alcool causi danni all’apparato cardiovascolare, con ipertensione e cardiomiopatie, ma anche all’apparato digerente causando gastriti ed esofagiti e soprattutto importanti danni al fegato che è l’organo deputato al metabolismo dell’alcool. Si possono inoltre verificare pancreatiti e lesioni cancerose allo stomaco e al colon. Da non sottovalutare la condizione di dipendenza che l’alcool determina al pari di alcune sostanze stupefacenti.

E’ quindi essenziale riflettere su quanto possa essere determinante non solo una particolare attenzione da parte dei genitori ai comportamenti dei propri figli ma soprattutto un’adeguata informazione sugli effetti del consumo di alcool fin dall’infanzia.

[1] Brown S.A. et al. Neurocognitive functioning of adolescent: effects of protracted alcohol use. Alcohol Clin Exp Res (2000) 24(2), 164-71.

[2] De Bellis M.D. et al. Hippocampal volume in adolescent-onset alcohol use disorders. Am J Psychiatry (2000) 157(5), 737-44.

[3] Nguyen-Louie T.T. et al. Earlier alcohol use onset predicts poorer neuropsychological functioning in young adults. Alcohol Clin Exp Res (2017) 41, 2082-92.

Ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari

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Sovrappeso, familiarità per ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, vita sedentaria, alimentazione sregolata, sono tutti fattori che concorrono ad aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L’incidenza di questo tipo di patologie è in continua crescita, anche in Italia, e molto si può fare per contrastare questa tendenza. Innanzitutto è importante tenere sotto controllo i parametri ematici relativi a trigliceridi, colesterolo e glicemia, il cui innalzamento oltre i valori medi è sicuramente sintomo di qualcosa che non va come dovrebbe e che dovremmo correggere nel nostro stile di vita e nella nostra alimentazione.

Dovremmo abbandonare cattive abitudini, quali il fumo e la sedentarietà, cominciando a praticare dell’attività fisica, che può anche consistere in delle lunghe passeggiate all’aria aperta due o tre volte a settimana e nello sfruttare qualsiasi occasione per aumentare la quantità di movimento che svolgiamo ogni giorno. Anche fare le pulizie in casa è un ottimo modo per muoverci! Se abbiamo accumulato dei chili in eccesso, sarebbe meglio cercare di eliminarli con una alimentazione adeguata in termini quantitativi e qualitativi. A questo proposito, un recente studio [1] ha dimostrato che è possibile ridurre significativamente i livelli di trigliceridi, emoglobina glicosilata e proteina C reattiva (una molecola coinvolta nei processi infiammatori) in individui affetti da diabete di tipo 2 riducendo la quantità di grassi e zuccheri semplici ed aumentando invece il quantitativo di fibre nella dieta. Infatti, chi ha già sviluppato il diabete ha probabilità ancor maggiori di sviluppare patologie cardiovascolari importanti rispetto a persone sane.

Una buona strategia è quella di sostituire i cibi ricchi di zuccheri semplici e ad alto indice glicemico con cibi a base di cereali integrali a basso indice glicemico. I cereali integrali, per il loro elevato contenuto di fibre apportano infatti numerosi benefici alla nostra salute sia perché aiutano il controllo glicemico e insulinemico, sia perché ci aiutano a perdere peso e a ridurre il senso di fame. Uno studio statunitense pubblicato lo scorso febbraio ha preso in considerazione due gruppi composti ognuno da uomini e donne in menopausa. Per sei settimane, ai componenti del primo gruppo è stato fatto seguire un regime alimentare ricco di cereali integrali e a quelli del secondo gruppo un regime dietetico ricco in cereali raffinati pur con lo stesso apporto calorico. Al termine di questo periodo sono stati valutati vari parametri, fra cui il peso corporeo, il metabolismo basale ed il controllo glicemico, tutti migliorati nei soggetti che avevano seguito una dieta ricchi in cereali integrali [2].
Approfittiamo dunque della generosità del nostro territorio che stagionalmente ci offre una gran varietà di cereali e verdure per aumentare il contenuto di fibre nella nostra dieta. La nostra salute e, perché no, la nostra linea ne trarranno importanti benefici!

[1]Vitale M., Masulli M., Rivellese A.A. et al. Influence of dietary fat and carbohydrates proportions on plasma lipids, glucose control and low-grade inflammation in patients with type 2 diabetes. Eu. J. Nutr. (2016) 55, 1645–1651.

[2]Karl J.P., Meydani M., Barnett J.B. et al. Substituting whole grains for refined grains in a 6-wk randomized trial favorably affects energy-balance metrics in healthy men and postmenopausal women. Am. J. Clin. Nutr. (2017) 105.

Le albicocche

Le albicocche

L’albicocca è il frutto di una pianta appartenente alla famiglia delle Rosacee, a cui appartengono anche la pianta della ciliegia, della pesca e della prugna. E’ originaria della Cina, ma ora ampiamente coltivata in Francia, Italia, Stati Uniti, Spagna e Grecia. Ne esistono diverse varietà ma tutte hanno in comune, oltre ad un gradevole sapore dolce, un elevato contenuto di vitamina C ed A, dei potenti antiossidanti che difendono cellule e tessuti dall’attacco dei radicali liberi. Per questo motivo le albicocche proteggono la nostra vista: uno studio del 2004 ha dimostrato che il consumo di 3 o più porzioni al giorno di frutta, fra cui le albicocche, può ridurre il rischio di sviluppare la degenerazione maculare, cioè la causa maggiore di grave riduzione visiva nei soggetti anziani [1].

L’alto contenuto in beta carotene, inoltre, protegge il colesterolo LDL (il colesterolo “cattivo”) dall’ossidazione aiutandoci a prevenire le malattie cardiovascolari. E’ ben noto che i composti antiossidanti hanno un ruolo chiave nel difenderci da tali malattie e gli antiossidanti contenuti nelle albicocche sono stati oggetto di vari studi scientifici che hanno dimostrato che i composti che si formano durante il processo di disidratazione (quindi di riscaldamento delle albicocche), composti facenti parte del gruppo delle melanoidine, esercitano una notevole azione protettiva contro gli stress ossidativi che si verificano normalmente nelle cellule e che sono alla base di molte disfunzioni del sistema cardiovascolare [2]. Sarebbe molto salutare quindi inserire nella nostra dieta una porzione al giorno di albicocche disidratate.

Le albicocche sono una buona fonte di fibre, indispensabili per il buon funzionamento dell’intestino. Hanno infatti un leggero effetto lassativo dovuto al contenuto in cellulose e pectine. Mangiare le albicocche, pertanto, è un modo molto gradevole di introdurre fibre nella nostra alimentazione, che spesso ne è povera.

Così come le prugne e le pesche, le albicocche hanno un alto contenuto di ferro. In particolare, 100 grammi di albicocche disidratate contengono il doppio del ferro contenuto in 100 grammi di carne, ma senza grassi. Per questo motivo sono state usate fin dai tempi antichi come rimedio per l’anemia. Esse inoltre ci forniscono una buona dose di potassio, minerale importante per combattere la ritenzione idrica e l’ipertensione.

L’olio di albicocca, ottenuto dalla spremitura dei noccioli, è molto usato nel campo cosmetico poiché ha azione emolliente ed elasticizzante ed anche calmante sulla cute infiammata.

Tutte queste proprietà rendono l’albicocca il frutto ideale per chi ha problemi di sovrappeso, con il suo basso contenuto calorico (28 kcal per 100 grammi) e l’alto contenuto in acqua (86% circa) e fibre (1.5 grammi per 100 grammi).

[1] Cho E., Seddon J.M., Rosner B., Willett W.C., Hankinson S.E. Prospective study of intake of fruits, vegetables, vitamins, and carotenoids and risk of age-related maculopathy. Arch Ophthalmol. (2004) 122, 883-892.


[2]
Cossu A., Posadino A.M., Giordo R., Emanueli C., Sanguinetti A.M., Piscopo A., Poiana M., Capobianco G., Piga A., Pintus G. Apricot Melanoidins Prevent Oxidative Endothelial Cell Death by Counteracting Mitochondrial Oxidation and Membrane Depolarization. Plos One (2012) 7, e48817.

Le proprietà del pepe

Le proprietà del pepe
Quali sono le proprietà del pepe?

Il pepe è prodotto da una pianta appartenente alla famiglia delle Piperaceae, originaria dell’India, i cui frutti sono delle piccole bacche che a seconda del grado di maturazione e del metodo di lavorazione danno le diverse varietà, conosciute come pepe nero, bianco, verde, rosso.

Al contrario di quel che si possa pensare, oltre che arricchire il sapore di molte pietanze, il pepe ha anche delle importanti proprietà nutrizionali, è infatti una buona fonte di minerali, quali manganese, rame, ferro ed anche vitamina K.

L’ingestione del pepe determina un aumento della secrezione di acido cloridrico a livello dello stomaco, facilitando i processi digestivi e riducendo la formazione di gas intestinali. Ha inoltre proprietà diuretiche, cioè contribuisce all’eliminazione dei liquidi attraverso le urine.

Il sapore pungente del pepe è dovuto alla piperina in esso contenuto, che secondo uno studio coreano del 2012 [1] sarebbe in grado di inibire la maturazione degli adipociti (le cellule del tessuto adiposo) in vitro e potrebbe quindi contrastare la formazione del tessuto adiposo.

La medicina tradizionale indiana riconosce inoltre al pepe proprietà antinfiammatorie ed antisettiche. Il suo uso è tuttavia controindicato nei casi di gastrite, reflusso gastro-esofageo ed emorroidi poiché ha effetto irritante sulla mucosa gastrica.

E’ consigliabile acquistare il pepe in grani e macinarlo al momento dell’uso in modo che non perda il suo aroma e oltre che per arricchire piatti a base di carne, il pepe può essere usato per preparare un ottimo condimento per le insalate: olio extravergine d’oliva, succo di limone, sale e pepe nero.

[1] Park U.-H., Jeong H.-S., Jo E.-Y., Park T., Yoon S.K., Kim E.-J., Jeong J.-C., Um S.-J. Piperine, a Component of Black Pepper, Inhibits Adipogenesis by Antagonizing PPARγ Activity in 3T3-L1 Cells. J. Agric. Food Chem. (2012) 60, 3853–3860.

Le fave

Le fave

Le fave sono un tipico alimento primaverile, ci ricordano infatti l’arrivo della bella stagione. Sono il frutto di una pianta, il cui nome scientifico è Vicia faba, appartenente alla famiglia delle Leguminose. L’Italia ne è uno dei maggiori produttori, insieme alla Germania e alla Cina, questa pianta, infatti, predilige i climi temperati.

Possono essere consumate crude o cotte e sono nutrienti e salutari. Come tutti i legumi, contengono una buona dose di proteine (circa 6 g per 100 g), pochissimi lipidi (0,5 g per 100 g), e apportano solo 40 kcal per 100 grammi. Hanno inoltre un buon contenuto di fibra (ben 21 g per 100 g di prodotto secco e 5 g per 100 g di prodotto fresco) e sono ricche di sali minerali (in particolare potassio e ferro).

Le fave contengono levodopa, un precursore della dopamina, che è un neurotrasmettitore normalmente prodotto nel nostro cervello. In medicina la levodopa è spesso utilizzata per alleviare i sintomi del morbo di Parkinson, che è una malattia caratterizzata da una diminuzione della sintesi di dopamina. E’ stato quindi ipotizzato che il consumo di fave possa alleviare i sintomi della malattia di Parkinson agendo allo stesso modo dei farmaci contenenti levodopa, ipotesi confermata da una serie di sudi condotti a partire dagli anni ’90 [1,2].

Le fave inoltre rientrano a pieno titolo in quella serie di alimenti che a causa del loro contenuto in sostanze antiossidanti, vantano proprietà antitumorali. Esse infatti contengono polifenoli che esercitano anche effetti inibitori sull’enzima che converte l’angiotensina II (ACE), implicato nella genesi dell’ipertensione. Gli antiossidanti contenuti nelle fave, inoltre, influenzano l’azione di due enzimi, l’alpha-glucosidasi e la lipasi, coinvolti rispettivamente nella regolazione dell’assorbimento degli zuccheri e dei grassi [3].

Purtroppo, non tutti possono godere dei benefici di questi legumi, poiché sono molto pericolosi per chi soffre di favismo, una patologia ereditaria dovuta alla carenza dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, che provoca la distruzione dei globuli rossi. Chi ne soffre non può mangiare fave né piselli.

[1] Rabey J.M., Vered Y., Shabtai H., Graff E., Korczyn A.D. Improvement of parkinsonian features correlate with high plasma levodopa values after broad bean (Vicia faba) consumption. J. Neurol. Neurosurg. Psychiatry (1992) 55, 725-727.

[2] Rabey J.M., Vered Y., Shabtai H., Graff E., Harsat A., Korczyn A.D. Broad bean (Vicia faba) consumption and Parkinson’s disease. Adv. Neurol. (1993) 60, 681-684.

[3] Siah S.D., Konczak I., Agboola S., Wood J.A., Blanchard C.L. In vitro investigations of the potential health benefits of Australian-grown faba beans (Vicia faba L.): chemopreventative capacity and inhibitory effects on the angiotensin-converting enzyme, alpha-glucosidase and lipase. British J. of Nutrition, (2012) 108, S123-S134.