Impossible Burger

Negli ultimi giorni molti quotidiani e riviste pubblicano la notizia dell’arrivo, per ora soltanto negli Stati Uniti, ma si prevede presto anche in Europa, dell’Impossible Burger, un hamburger vegano, quindi assolutamente privo di carne o suoi derivati, ma dal sapore quasi del tutto sovrapponibile con quest’ultimo.

Mi sembra doveroso, quindi, scrivere queste poche righe, nel mio piccolo, quasi in forma di piccolo omaggio ad uno degli scienziati più talentuosi e più formidabili degli ultimi decenni, Pat Brown, il mio capo e mentore al tempo del mio post-doc presso l’Università di Stanford e fondatore della Impossible Food, l’azienda creatrice dell’Impossible Burger. Il suo sogno, che a questo punto definirei una missione, è quello di poter continuare a mangiare l’equivalente della carne, utilizzando tutti i preziosi nutrienti che ci offre, ma facendo di tutto per salvaguardare il pianeta, dal momento che buona parte dell’inquinamento proviene dall’allevamento intensivo degli animali a scopo alimentare. Perciò ha pensato di poter creare qualcosa di assolutamente simile alla carne, ma a partire dalle piante e, a quanto pare, ci è riuscito, perché l’Impossible Burger è stato già testato per un mese nella catena di fast food Burger King negli States, e con successo: ora inizierà la sua distribuzione in tutti i suoi ristoranti americani.

Ma cos’ha di diverso questo burger rispetto a qualsiasi altro burger vegano?

A quanto pare, come testimonia chi lo ha assaggiato, riproduce la stessa esperienza gustativa di un classico burger di manzo. La differenza, infatti, starebbe in una piccola molecola, l’eme, che si ritrova sia negli organismi animali che vegetali, costituita da un atomo di ferro e che può legare l’ossigeno. Infatti il gruppo eme è fondamentale, ad esempio, nell’uomo perché parte dell’emoglobina, responsabile appunto del trasporto dell’ossigeno nel sangue. La Impossible Food ricava il gruppo eme direttamente dalla fermentazione dei lieviti. Gli altri principali ingredienti sono acqua, proteine della soia, olio di cocco, olio di girasole. Rispetto al tradizionale burger di manzo ha più o meno lo stesso contenuto calorico, lo stesso contenuto proteico, meno grassi, zero colesterolo, più calcio, più ferro, più potassio, ma anche più sodio.

La Impossible Food si starebbe ora preparando alla creazione della Impossible Steak, ossia la carne vegana in forma di bistecca e ovviamente con un sapore del tutto simile. Visti i presupposti, non nutro molti dubbi sulla riuscita!

Che Pat Brown riesca o meno nella sua missione di salvare il pianeta, intanto si tratta di un grosso passo sia nella ricerca scientifica sia nella possibile modifica della cultura alimentare americana e di tutto il mondo.

Perché limitare l’uso del sale?

Perché limitare l’uso del sale?

Un’indagine promossa dal Ministero della Salute ha dimostrato che in Italia il consumo di sale eccede i livelli massimi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per tutte le fasce della popolazione. Sono varie infatti le iniziative intraprese dal Ministero per incoraggiare un consumo consapevole del sale da cucina.

Ma per quale motivo dovremmo limitare l’uso del sale?

Un uso eccessivo di sale contribuisce a far aumentare la pressione sanguigna ma non solo.

    Studi scientifici hanno dimostrato che il sale è in grado di modificare la struttura dei vasi sanguigni e quindi danneggiare il sistema cardiovascolare.
    Incoraggia lo sviluppo di patologie infiammatorie.
    Favorisce lo sviluppo di malattie autoimmuni poiché è in grado di interagire con il sistema immunitario [1]. Sembra ad esempio che ci sia un legame fra un eccessivo consumo di sale e lo sviluppo della sclerosi multipla [2].
    E’ in grado di danneggiare i reni, che non riescono a svolgere più il loro lavoro efficientemente e si affaticano.
    Il sodio in eccesso introdotto con la dieta può aumentare l’eliminazione del calcio attraverso le urine e di conseguenza favorire l’insorgere dell’osteoporosi e determinare una maggior esposizione a fratture ossee.
    Diversi studi dimostrano anche che consumi eccessivi di sale sono associati con una maggiore incidenza di tumore allo stomaco.

La quantità di sale raccomandata giornalmente è di 5 grammi, cioè circa a quello contenuto in un cucchiaino da caffè. Occorre considerare che tale quantità non comprende soltanto quella che aggiungiamo nelle nostre pietanze per insaporirle ma anche a quella già contenuta nei cibi che acquistiamo. Pensiamo infatti ai cibi conservati, alle salse, ai prodotti da forno, al pane. Uno studio molto recente effettuato da ricercatori italiani ha dimostrato come in Italia l’alimento che contribuisce in modo maggiore all’introito di sale sia proprio il pane [3].

Come possiamo quindi limitare il consumo del sale senza dover rinunciare al gusto?

Per prima cosa dovremmo abituare il nostro palato a saper apprezzare il sapore dei cibi al naturale. Le verdure, ad esempio, non hanno bisogno di essere ulteriormente insaporite dal sale. In secondo luogo consideriamo che le spezie e le erbe aromatiche costituiscono un ottimo sostituto del sale da cucina. Scegliamo quindi ogni giorno le erbette che ci piacciono di più e proviamo ad accostarle a diversi cibi, l’effetto sarà sorprendente! Possiamo inoltre condire a piacimento con aceto o succo di limone.

Dal momento che il sale non deve essere del tutto eliminato dalla dieta, cerchiamo di farne un uso consapevole scegliendo bene ciò che portiamo sulle nostre tavole ed imparando a leggere le etichette nutrizionali sui cibi che acquistiamo quotidianamente. Cibi in scatola, ad esempio, hanno in genere un elevato contenuto di sodio quindi, se non possiamo fare a meno di utilizzarli, sciacquarli prima dell’uso ci aiuterà ad eliminare l’eccesso di sale.

[1] Evans R.D.R. et al. Emerging evidence of an effect of salt on innate and adaptive immunity. Nephrol Dial Transplant (2018)

[2] Haase S. et al. Sodium chloride triggers Th17 mediate autoimmunity. J Neuroimmunol (2019) 329, 9-13.

[3] Carcea M. et al. A survey of sodium chloride content in Italian artisanal and industrial bread. Foods (2018) 7, 181.